Gli aspetti legislativi inerenti tecnologia, digitalizzazione, energia e Difesa

Per paradosso, il diluvio normativo esistente in Italia non esenta il nostro paese da lacune, ritardi, obsolescenze. Esistono ambiti e settori gravati da una normazione ossessiva, iper-dettagliata, eccessivamente dirigista e penetrante; ma esistono anche aree strategiche in cui il quadro normativo appare insufficiente, inadeguato, datato. In determinate aree sensibili, l’apparato normativo non sembra attrezzato per affrontare le sfide del futuro, e al tempo stesso per garantire la stabilità necessaria ai progetti destinati a vivere ben oltre la durata di un singolo governo, per evitare di esporli a volontà politiche troppo mutevoli, o anche a ostilità automatiche, magari determinate solo dal fatto che un progetto sia stato concepito da altro esecutivo e altra maggioranza precedente.

In particolare:

– serve una riscrittura delle normative sulla gestione dei dati e della cybersecurity, aspetti che dovrebbero garantire progetti di crescita civile ma al tempo stesso piattaforme fondamentali per la sicurezza nazionale;

– appare necessario un orientamento deciso ma non eccessivamente statalista e iper-pianificatore rispetto al tema della rilocalizzazione di alcune produzioni. Di tutta evidenza, non è possibile improvvisare la produzione di un certo bene dall’oggi al domani: per quanto ciò possa essere astrattamente desiderabile, non è un fenomeno istantaneo disporre di imprese in grado di farlo e pronte a impegnarsi in quella direzione; né contare sulla garanzia di avere a disposizione le materie prime necessarie; né che sia acquisito il know-how indispensabile per la produzione; né che i costi e la qualità del prodotto siano tali da risultare vincenti sul mercato. In un’economia libera, condizioni del genere non si creano a tavolino o per volontà politica. Dunque, la strada migliore per perseguire l’obiettivo del disaccoppiamento rispetto all’economia cinese e della conseguente rilocalizzazione non è quella di adottare – per paradosso – lo stesso modello ultrapianificato dei paesi autoritari, immaginando che tocchi allo stato disegnare ogni aspetto dell’economia, come se la relativa decisione fosse solo politica. In una logica liberale, invece, ogni stato dovrà soprattutto agire sulla leva fiscale e burocratica, nella direzione dell’alleggerimento, per costruire “aeroporti” accoglienti che consentano a imprese e investimenti di “atterrare” (o “riatterrare”) qui, da questa parte del mondo. In altre parole, il reshoring può essere favorito con potenti incentivi fiscali alla rilocalizzazione, accompagnati da altrettanto forti incoraggiamenti fiscali agli investimenti produttivi e ai processi di aggregazione, e naturalmente da un generale abbassamento delle tasse.

– occorre un aggiornamento costante della normativa sul golden power, e un contestuale monitoraggio di ciò che accade nei settori ai quali questi poteri e pregorative sono stati o potranno essere applicati;

– per ciò che riguarda le innovazioni infrastrutturali, le grandi opere, e in generale il sistema degli appalti, in un sistema istituzionalmente sano, sono anche e soprattutto le procedure ordinarie a dover essere snellite: al contrario, sarebbe anomalo continuare ad avere una giungla burocratica come regola, e invece soltanto una maxi-corsia preferenziale (quella del Pnrr, ad esempio) nella quale le istituzioni statali (non di rado seguendo un binario normativo del tutto eccezionale) possano muoversi in totale libertà. Occorre uno snellimento ordinario, cioè come regola per tutti, e non solo come eccezione riservata alla mano pubblica in alcuni specifici casi.

Su tutto questo, Melkart studierà e svilupperà proposte di aggiornamento e rielaborazione del quadro normativo esistente. Mirate anche a garantire quella stabilità necessaria per i progetti destinati a vivere ben oltre la durata di un singolo governo.

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